domenica 2 giugno 2013

Maifeld Derby

Delle tante band viste ieri, qualcuna ha deluso le aspettative, qualcuna le ha sorpassate, ed una è stata semplicemente fantastica.


Location: Mannheim Maifeld. Quattro palchi, due sotto tendoni da circo, uno sulle tribune del vicino stadio ippico, uno all'aperto. Tante pozzanghere e fango, ma non così avventuroso come me lo sarei aspettato viste le catinelle d'acqua scese fino a ieri mattina.

Arrivo e mi ascolto questa band tedesca, gli Hurricane Dean. Non male, lui con un vocione che promette ben e ricorda qualcuno che ora non saprei dire... Da tener d'occhio, bel sound!


Subito dopo faccio un salto nel tendone grande e scopro gli Arthur Beatrice (UK), mai sentiti. La recensione sul depliant li dà come nuovi XX, the next british band, una roba del genere. Ecco, no, come gli XX direi di no, ma la voce di lei - alternata a quella di lui - le note del pianoforte - l'andamento del basso, tutto quanto mi lascia un'ottima impressione. Sicuramente da riascoltare.

Inizia a far freddino. Non piove più, certo, ma tira un venticello che mi fa pensare di aggiungere uno strato in più al mio abbigliamento funzionale (l'estetica ieri l'ho lasciata a casa). Opto per un caffè caldo nell'attesa che sia il momento dei canadesi Royal Canoe. Ne avevo sentito qualche canzone su bandcamp rimanendone piacevolmente colpita. Un po' di elettronica, ben due percussionisti (uno alla batteria classica, l'altro su percussioni elettroniche, ma non solo), chitarre, tastiere, una voce e cori degli altri membri della band. Ritmi non convenzionali. Le aspettative vengono soddisfatte. Soprattutto la doppia sezione percussioni conferisce un bello slancio alla loro musica. Bravi Royal Canoe!


 Mi ascolto una cantante tedesca, tale Marla Blumenblatt, che non mi dice molto. Una sorta di Amy Winehouse incrociata con folk tedesco, in lingua tedesca, abiti succinti e movimenti ammiccanti, voce carina ma musica buona solo a riempire il palinsensto di una radio privata di hits.


Con gli Steaming Satellites, direttamente dall'Austria, torniamo invece a qualcosa di più simile al genere indie (che poi, la definizione del genere mi risulta tuttora un poco nebulosa e spesso tirata come un elastico ad includere le cose più disparate - e in questo mi vien da concludere che la sola indicazione "indie" non basti assolutamente a comprendere di che tipo di musica si stia parlando - in definitiva non essendo un genere di per sé).

Gli austriaci, dunque. Il loro è un indie-pop. Confesso di essermi aspettata qualcosa di più, invece mi son trovata di fronte una normale band pop-rock. Diciamo che le canzoni su soundcloud facevano immaginare qualche sonorità meno comune.

Gironzolo un po' per il festival, mi guardo l'area Merchandising (che osservo con stupore non essere troppo fornita: delle tante band che suonano, vendono cd e magliette solo per una manciata, diciamo 5 o 6), la sezione gastronomia (ovviamente in stile tedesco: sul menu Bratwurst e altre Wurst, panini imbottiti, Muffin e Donoughts che i tedeschi hanno ormai fatto propri, litri di caffè e birra, un'intero stand solo per il Jack Daniels, e una sezione di cucina indonesiana - anche questo rientra nello spirito tedesco, credetemi). Nel frattempo mi ascolto in sottofondo i Funeral Suits, dall'Irlanda, che suonano open air e mi paiono decisamente gradevoli (chissà se un ascolto più attento potrebbe confermare l'impressione?)
Vorrei andare a sentire Kevin Devine, che si profila come un songwriter americano dai tratti indie-folk: canta nella zona delle tribune. Ma non sembra essere una cosa semplice: i posti lì sono limitati e la security fa entrare a singhiozzo le tante persone che già sono in coda per lo stesso songwriter che mi vorrei ascoltare io. L'area, tra l'altro, porta il nome di Parcours d'amour, è contornata da piccole lanterne colorate (alimentate ad energia solare), qualche cuoricino di cartone rosso e uno stand che vende vino. Insomma, tante coppiette e ragazze che amano i toni quasi acustici di un indie lieve affollano già le tribune (non voglio farne un discorso di gender, ma quello era il pubblico) e non ho speranza di infilarmi anch'io a sentire Kevin Devine. Ma lo vedo in giro in seguito, ad ascoltare anche lui la musica del festival con un gruppo di amici e un bicchiere di birra.


Sul programma leggo Sizarr, tedeschi, che non mi avevano fatto impazzire quando nei giorni scorsi ne avevo cercato qualche canzone. Si rivelano invece essere molto bravi. La voce del cantante ha un colore molto bello. Anche loro, come molte altre band indie, uniscono gli strumenti del classico complesso rock e qualche piattaforma elettronica dove distorcere i suoni e/o aggiungerne di sintetici. Sembra essere diventato uno standard, rifletto. L'elettronica tira. Ad ogni modo, i Sizarr vanno assolutamente riascoltati, ne prendo nota e vado a consumare un poco di cena all'aperto, dove intanto sta infuriando un certo vento che non pensavo!


L'emozione sta salendo. Ascolto di sfuggita i Toy, inglesi che dovrebbero avere tratti in comune con David Bowie, Joy Division e My Bloody Valentine. Decido che non mi piacciono e vado oltre.


Ovviamente sono nella tenda grande già durante il soundcheck: non vedo l'ora di sentirli, in fondo sono lì solo per loro e il resto potrebbe essere anche mediocre. Sto parlando degli Efterklang. Recente scoperta, mi hanno affascinata con la loro musica che definire indie sarebbe altamente riduttivo.



Ascolto il soundcheck e noto con mia interna approvazione che abbassano tutti i volumi rispetto alla band che ha suonato prima di loro. Ho visto diverse persone con i tappi nelle orecchie e me ne sono dovuta improvvisare un paio anch'io con un fazzoletto di carta, per poter sopravvivere ai volumi altissimi. È strano andare ad un concerto e doversi limitare l'udito per non perderlo, quando l'udito dovrebbe essere il senso dell'essere ad un concerto. Ma lo sapete, non sono una rockettara, la formazione classica si rispecchia forse in queste piccole cose.
Ma gli Efterklang non rientrano nella categoria delle band da ascoltare con i tappi nelle orecchie. Hanno tenuto volumi bassi (che vuol dire: volumi molto alti, ma che si potessero ascoltare piacevolmente, senza temere dolori ai timpani).
I tre danesi, che sopra vedete nelle foto pre-concerto, si presentano sul palco in camicia bianca, farfallino nero e giacca retrò (il cantante in rosa antico!). Parlano con il pubblico, più delle altre band, ringraziando più volte, e dimostrandosi veramente felici di essere lì! Fanno girare per il pubblico uno scatolone in cui possiamo lasciare degli oggetti che riceveranno gli ascoltatori del loro prossimo concerto, così come noi abbiamo potuto prendere dallo scatolone gli oggetti (pensieri, bustine di thè, piccoli peluches, quadernetti, cartine, una sigaretta, ecc) che il pubblico del concerto del giorno prima ha lasciato agli Efterklang per noi. Un'idea carina, come a voler unire il pubblico dei loro tanti concerti (sono in tour per promuovere il nuovo album) con un filo rosso, una catena di dare e ricevere.
Ma la cosa più importante: suonano benissimo. Non sto scherzando, li conosco dai cd e mi piacciono molto, ma non credevo fossero tanto bravi anche dal vivo. Intonazione impeccabile (!), attenzione al timbro sonoro costante, musica ricca e nel carattere anche molto varia (molte band del festival invece risultavano quasi monotone, spesso una canzone non riusciva a distinguersi dall'altra). Hanno trascinato il pubblico, ci han fatto ballare sui ritmi più veloci e ci han fatto sognare di terre lontane nella melanconia di canzoni più "atmosferiche". Meravigliosi.


Che dire, dopo una cosa del genere vorresti o riascoltarli o andare a casa. Ma il festival continua fino alle 3 di notte! Non ce la farò mai. Tento gli Immanu El, svedesi, post-rock. Bella musica, molto d'atmosfera, echi da Sigur Ros e Explosions in the Skies, ma ahimè peccano in quella che ho definito prima monotonia e si piazzano un poco al di sotto delle mie aspettative.






Delle ragazze conosciute sul posto mi parlano talmente bene del cantante successivo, Thees Uhlmann, songwriter tedesco, che ne tento l'approccio. Rimango però delusa, mi sembra una sorta di Ligabue tedesco, che trascina il pubblico con canzoni pop-rock, che cura anche i testi, ma che non riesce a dirmi nulla di più di mille altri cantanti simili che si sentono quotidianamente alla radio. Perchè allora chiamarlo indie? mi vien da pensare. Inoltre gli altoparlanti sono tornati ai loro massimi livelli e non resisto più di 20 minuti in quel gran baccano.

Spero di trovare qualcosa di meglio nella seconda tenda, dove non ho ancora visto nulla, ma ne vengo ricacciata fuori per simili motivi acustici - se è possibile il volume dei The Tidal Sleep è ancor più alto di quanto ho sentito finora. E la loro musica non fa proprio per me, qui si va sui terreni incomprensibili dell'hardcore, e, mi spiace ma non riesco proprio a decifrare questa musica.

La stanchezza inizia ad essere tanta e mi avvio a prendere la mia S-Bahn verso casa. Lo so, ci sarebbero ancora due band che danno per fighissime, ma decido che il bottino musicale raccolto sia già ricco. E non vedo l'ora di mettere i piedi sulla boule dell'acqua calda.

Non posso che dirmi soddisfatta. Ho un sorriso fisso fisso.

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