giovedì 11 febbraio 2010

Hiroshima



6 agosto 1945: viene sganciata la bomba atomica su Hiroshima. La città ne risulta completamente distrutta. Resta poco di quelle case e di quegli uomini. Molti muoiono sul colpo, tanti vengono a mancare nei mesi successivi. Per non parlare delle sofferenze che hanno afflitto i pochi rimasti (l'ultimo sopravvissuto è morto il mese scorso). Tumori, deformazioni... Una vita da ricominciare quando la tua città è stata rasa al suolo, letteralmente tabula rasa.
Che volto ha il male? Questa la domanda che mi è sorta dentro, quando avevo davanti agli occhi l'A-Dome, il famoso edificio con la cupola che rimase in piedi dopo lo scoppio della bomba, uno dei pochi, e per questo rimasto a simboleggiare questa Storia. Si dice che la bomba fosse esplosa poco al di sopra della cupola e che proprio per questo l'edificio fu uno dei meno colpiti dallo scoppio. L'area in cui si trova è stata ribattezzata "Parco della pace": curioso, proprio qui dove la guerra è degenerata in follia, assumendo uno dei volti del male, chi sopravvive ricorda la pace. O la chiama, invocandola a gran voce.
Non so ben dire quali pensieri mi siano sorti davanti a quell'edificio, scheletro di uomini svuotati. Posso dire che eravamo lì, dopo una bella recita di Elisir d'amore. Era tardi nella notte, c'era un freddo che acuiva il tremore della paura. Ma più freddo era il pensiero di ciò che è stato. Dopo aver visto Berlino, camminando sulle tracce di questo grande passato recente che è la Seconda Guerra Mondiale, Hiroshima era per me come il proseguimento di un pellegrinaggio laico sulle orme della Storia. Alla ricerca di cosa? Alla ricerca dell'Uomo. A partire da quello che rimane. Ma cosa rimane?
Davanti al relitto di tutta un'epoca, ci siamo tenuti per mano, con delle lacrime spontanee, e ne è nato un canto, così, spontaneo anche lui. Il nostro Verdi a Hiroshima.

Nessun commento:

Posta un commento