sabato 27 febbraio 2010

Tokyo: Meji-jingu



Nel centro di Tokyo ci sono diversi parchi. Uno di questi è un vero e proprio bosco: dalle strade trafficate della metropoli non ti immagineresti che un tal posto possa esistere, per giunta in centro città. E invece, non appena l'asfalto lascia il posto agli alberi, sembra di essere in un qualche posto magico. Come i bambini delle Cronache di Narnia, si resta sorpresi che un semplice armadio sia la porta di un mondo altro, invisibile dal di fuori.
Dentro a questo parco c'è un tempio, il Meji-jingu: non è tra i più belli del Giappone, è relativamente recente e per giunta ricostruito anch'esso. E tuttavia è bello trovarci incastonata qualche gemma di antico Giappone, dove i tetti, il sakè, le lanterne dialogano con le fitte chiome degli alberi.




Le botti di sakè.

venerdì 26 febbraio 2010

Tokyo: i grattacieli

Panorama di Ikebukuro: abbracciando la città con lo sguardo.


Ikebukuro - Metropolitan


Ginza: grattacieli deformanti.




Shinjuku, una sorta di Manhattan dentro Tokyo.


Tokyo

Mi trovo in dificoltà a parlare di Tokyo, l'ultimo importante capitolo della tournée giapponese. Forse è per questo che ho atteso tanto a iniziare questo post.
La difficoltà sorge da come io ho percepito e vissuto questa città, ovvero, come un grande agglomerato di elementi diversi, un granito che cementifica pietruzze diseguali, un animale di quelli fantastici che si trovavano solo nei bestiari medievali...
Una mia cara amica e compagna di viaggio, al suo quarto arrivo in Giappone, mi ha detto entusiasta che lei a Tokyo, in particolare a Ikebukuro, si sente a casa. Ikebukuro è un quartiere centro-nord di Tokyo, dove c'era il nostro hotel. E in effetti a poco a poco anche io ho iniziato a sentirmi a mio agio, anche se non propriamente a casa.
Credevo che le città troppo grandi non mi piacessero perchè ti spersonalizzano: qualche volta invece penso che proprio la nota eclettica di queste metropoli (penso a Tokyo certo, ma anche a Berlino) fa sì che lì ci sia sempre un posto anche per te, chiunque tu sia.
Non so riassumere Tokyo nello spazio di un post, credo che la cosa migliore sia di pubblicare qualche foto rappresentativa, alla spicciolata.

Nagoya


A Nagoya siamo rimasti quattro giorni.
Quando si hanno i tempi ristretti dal lavoro in orchestra, non si riesce a capire molto dell'anima di una città. Però, avere un intero giorno libero ci ha concesso di fare un po' i turisti.
Nagoya ha un castello molto bello, nel tipico stile dei castelli giapponesi. Ad Osaka ce n'è uno simile. Ma la particolarità di quello di Nagoya sta nei due delfini dorati sul suo tetto: delfini che hanno una lunga storia, creati da quello, poi tirati giù, rifatti dall'altro, donati da tizio...insomma, molte vicissitudini hanno costellato la vita di questi due poveri animali dorati, che curiosamente sono maschio e femmina.

I castelli giapponesi sono purtroppo tutti ricostruiti (quello di Osaka, dichiaratamente in cemento armato): alcuni hanno subito i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma anche prima, molti erano stati danneggiati o distrutti dagli incendi, che, come nel caso dei templi, spesso impediscono alle costruzioni di legno di conservarsi intatte nei secoli.

Nagoya ha fatto una buona impressione a molti di noi. Sembra Milano per il fatto di essere una città medio-grande, dedita agli affari e ricca di negozi, ma al contempo è più vivibile e più a misura d'uomo. Ad esempio, la via principale, che percorre da nord a sud tutto il centro, è sì una grande arteria per il traffico cittadino, ma nel mezzo, a mo' di spartitraffico, c'è come un ampio viale alberato, un parco messo per lungo, che rende la passeggiata accogliente e vivibile.

Come al solito, mi son divertita a fotografare qualche riflesso qua e là.

giovedì 11 febbraio 2010

Hiroshima



6 agosto 1945: viene sganciata la bomba atomica su Hiroshima. La città ne risulta completamente distrutta. Resta poco di quelle case e di quegli uomini. Molti muoiono sul colpo, tanti vengono a mancare nei mesi successivi. Per non parlare delle sofferenze che hanno afflitto i pochi rimasti (l'ultimo sopravvissuto è morto il mese scorso). Tumori, deformazioni... Una vita da ricominciare quando la tua città è stata rasa al suolo, letteralmente tabula rasa.
Che volto ha il male? Questa la domanda che mi è sorta dentro, quando avevo davanti agli occhi l'A-Dome, il famoso edificio con la cupola che rimase in piedi dopo lo scoppio della bomba, uno dei pochi, e per questo rimasto a simboleggiare questa Storia. Si dice che la bomba fosse esplosa poco al di sopra della cupola e che proprio per questo l'edificio fu uno dei meno colpiti dallo scoppio. L'area in cui si trova è stata ribattezzata "Parco della pace": curioso, proprio qui dove la guerra è degenerata in follia, assumendo uno dei volti del male, chi sopravvive ricorda la pace. O la chiama, invocandola a gran voce.
Non so ben dire quali pensieri mi siano sorti davanti a quell'edificio, scheletro di uomini svuotati. Posso dire che eravamo lì, dopo una bella recita di Elisir d'amore. Era tardi nella notte, c'era un freddo che acuiva il tremore della paura. Ma più freddo era il pensiero di ciò che è stato. Dopo aver visto Berlino, camminando sulle tracce di questo grande passato recente che è la Seconda Guerra Mondiale, Hiroshima era per me come il proseguimento di un pellegrinaggio laico sulle orme della Storia. Alla ricerca di cosa? Alla ricerca dell'Uomo. A partire da quello che rimane. Ma cosa rimane?
Davanti al relitto di tutta un'epoca, ci siamo tenuti per mano, con delle lacrime spontanee, e ne è nato un canto, così, spontaneo anche lui. Il nostro Verdi a Hiroshima.