sabato 10 novembre 2012

Riflessioni su...



"... In che senso esiste realmente una scrittura «femminile»? Nel senso che le donne, per motivi storici e biologici, sperimentano una realtà diversa da quella degli uomini. Nel senso che sperimentano la realtà in modo diverso dagli uomini e a ciò danno espressione. Nel senso che le donne da secoli non fanno parte di chi domina, ma di chi è dominato, sono cioè oggetti di oggetti; oggetti di secondo grado, oggetti abbastanza spesso di uomini che sono a loro volta oggetti, e dunque, stando alla loro condizione sociale, appartenenti in ogni caso a una cultura di second'ordine. Nel senso che non cercano più di integrarsi nell'aberrazione dei sistemi dominanti, smettendo così di logorarsi. Nel senso che, scrivendo e vivendo, puntano all'autonomia. E poi incontrano uomini che puntano anch'essi all'autonomia. Le persone, gli stati e i sistemi autonomi possono aiutarsi reciprocamente; non devono combattersi come accade a chi per incertezza e immaturità interiore esige continuamente limiti e atteggiamenti intimidatori.
[...]
provo un vero orrore per quella critica del razionalismo che finisce in un irrazionalismo sfrenato. Non è solo un fatto tremendo, umiliante e scandaloso per le donne che nel corso dei millenni il contributo femminile ufficiale e diretto alla cultura in cui viviamo sia stato praticamente inesistente – esso costituisce propriamente il punto debole di questa cultura, a partire dal quale essa diventa autodistruttiva: vale a dire la sua incapacità di maturare. Ma non si acquista maturità se alla follia maschile si sostituisce la follia femminile, e se le conquiste del pensiero razionale, solo perché opera di uomini, vengono gettate a mare dalle donne in nome dell'idealizzazione di stadi pre-razionali dell'umanità. La stirpe, il clan, sangue e terra: non sono questi i valori ai quali possono collegarsi oggi l'uomo e la donna di oggi; proprio noi dovremmo sapere che queste formule possono fornire pretesti per terribili regressioni. Non c'è via che possa aggirare la formazione della personalità, i modelli razionali della soluzione dei conflitti, cioè anche il confronto e la collaborazione con coloro che la pensano diversamente e, ovviamente, con l'altro sesso. L'autonomia è un dovere per tutti, e le donne che si ritirano nella loro femminilità come in un valore, agiscono in sostanza così come si è fatto con loro: rispondono con una grande manovra diversiva alla sfida della realtà rivolta a tutta quanta la loro persona. ..."


Da “Premesse a Cassandra. Quattro lezioni su come nasce un racconto” (1983)
di Christa Wolf
Traduzione Anita Raja

2 commenti:

  1. Ah, che bell'incontro! Un grande libro davvero. Hai fatto una bellissima scelta, marina

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  2. Grazie Marina! Hai ragione, è un incontro molto significativo e che mi ha dato tanto!

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