"... In
che senso esiste realmente una scrittura «femminile»? Nel
senso che le donne, per motivi storici e biologici, sperimentano una
realtà diversa da quella degli uomini. Nel senso che sperimentano la
realtà in modo diverso dagli uomini e a ciò danno espressione. Nel
senso che le donne da secoli non fanno parte di chi domina, ma di chi
è dominato, sono cioè oggetti di oggetti; oggetti di secondo grado,
oggetti abbastanza spesso di uomini che sono a loro volta oggetti, e
dunque, stando alla loro condizione sociale, appartenenti in ogni
caso a una cultura di second'ordine. Nel senso che non cercano più
di integrarsi nell'aberrazione dei sistemi dominanti, smettendo così
di logorarsi. Nel senso che, scrivendo e vivendo, puntano
all'autonomia. E poi incontrano uomini che puntano anch'essi
all'autonomia. Le persone, gli stati e i sistemi autonomi possono
aiutarsi reciprocamente; non devono combattersi come accade a chi per
incertezza e immaturità interiore esige continuamente limiti e
atteggiamenti intimidatori.
[...]
provo
un vero orrore per quella critica del razionalismo che finisce in un
irrazionalismo sfrenato. Non è solo un fatto tremendo,
umiliante e scandaloso per le donne che nel corso dei millenni il
contributo femminile ufficiale e diretto alla cultura in cui viviamo
sia stato praticamente inesistente – esso costituisce propriamente
il punto debole di questa cultura, a partire dal quale
essa diventa autodistruttiva: vale a dire la sua incapacità di
maturare. Ma non si acquista maturità se alla follia maschile si
sostituisce la follia femminile, e se le conquiste del pensiero
razionale, solo perché opera di uomini, vengono gettate a mare dalle
donne in nome dell'idealizzazione di stadi pre-razionali
dell'umanità. La stirpe, il clan, sangue e terra: non sono questi i
valori ai quali possono collegarsi oggi l'uomo e la donna di oggi;
proprio noi dovremmo sapere che queste formule possono fornire
pretesti per terribili regressioni. Non c'è via che possa aggirare
la formazione della personalità, i modelli razionali della soluzione
dei conflitti, cioè anche il confronto e la collaborazione con
coloro che la pensano diversamente e, ovviamente, con l'altro sesso.
L'autonomia è un dovere per tutti, e le donne che si ritirano nella
loro femminilità come in un valore, agiscono in sostanza così come
si è fatto con loro: rispondono con una grande manovra diversiva
alla sfida della realtà rivolta a tutta quanta la loro persona. ..."
Da
“Premesse a Cassandra. Quattro lezioni su come nasce un racconto”
(1983)
di
Christa Wolf
Traduzione
Anita Raja
Ah, che bell'incontro! Un grande libro davvero. Hai fatto una bellissima scelta, marina
RispondiEliminaGrazie Marina! Hai ragione, è un incontro molto significativo e che mi ha dato tanto!
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